Le immagini di acqua e fango che si sono abbattute su Genova hanno fatto il giro del mondo e sono percepite come la fotografia reale di un paese che affonda. Fino a poco tempo fa la cartolina della negligenza, di una classe politica incapace e corrotta, poteva essere il crollo della doma aurea di Pompei. Adesso è il fango di morte, che nel giro di una settimana per due volte ha colpito la stessa regione, ad essere la cartolina simbolo di un paese che sta andando alla malora.
Si sono stanziati i soldi per la TAV, per il ponte sullo stretto e per altre opere inutili e si sono tagliati i fondi per mettere in sicurezza i fiumi e le montagne. Negli ultimi anni sono stati condonati abusi edilizi e si è continuato a cementificare selvaggiamente. Se protestavi e denunciavi tutto questo eri considerato un estremista ma chi non l’ha fatto, per noi, oggi è un complice degli assassini. I morti di Genova cosi come quelli delle Cinque Terre sono vittime delle più perverse logiche del profitto. Il fango che travolge e uccide non è figlio della fatalità, non è l’eccezione, la casualità ma è la diretta conseguenza di quelle politiche di stupro del territorio volute dai poteri forti, dalla lobby del mattone, dagli amici degli appalti e da tutte quelle forze politiche che hanno messo davanti al bene comune le logiche di profitto. La tragedia di Genova poteva essere evitata, cosi come potevano essere evitate tante altre tragedie del nostro paese. Ma i media servili e la politica di palazzo hanno altro da fare che dare ascolto ai soliti ambientalisti troppo spesso etichettati come “cassandre comuniste”. Se pensiamo poi che nella stessa settimana e nella stessa regione una sciagura simile era già accaduta allora ci appare tutto ancora più incredibile e indecente. Le dimissioni del sindaco di Genova sarebbero un atto dovuto ma si sa, viviamo in un paese dove nessuno si assume responsabilità e dove nessuno rinuncia alla poltrona dove poggia il proprio sedere. Non vogliamo né semplificare né banalizzare e meno che mai strumentalizzare quanto avvenuto. Il disastro di Genova ha responsabilità lontane. Se ci sono dei reati, purtroppo molti sono già caduti in prescrizione, perché chi ha costruito in questo modo lo ha fatto tanti anni fa. Rimane però l’inadeguatezza di un’amministrazione che non è stata in grado di intervenire prontamente per tutelare la cittadinanza. Si tratta ovviamente di due responsabilità diverse ma pur sempre di responsabilità. L’Italia del fango che semina morti va dalle Alpi al Meridione e ci mostra come politica e malaffare siano stati e siano ancora in stretta commistione. Il profitto a tutti i costi ha portato e porta i politicanti nostrani a ridipingere la realtà. I difensori dell’ambiente sono stati descritti come i nemici del progresso. Ma quello che loro chiamano progresso altro non è che il profitto capitalistico, il quale produce macerie e morte. E’ decenni che il nostro paese è vittima di stragi annunciate da quella del disastro della diga del Vajont nell’ottobre del 1963, all’alluvione di Firenze nel novembre del 1966, al terremoto dell’Irpinia nel novembre 1980 o al terremoto dell’Aquila nell’aprile del 2009; solo per citarne alcune. Ogni anno in Italia abbiamo decine e decine di morti; se non addirittura centinaia; per frane, alluvioni, straripamenti e terremoti. Nonostante ciò le politiche nei confronti del territorio non sono mai mutate. Si alternano i governi ma gli interessi delle ditte del mattone continuano a violentare la natura.
Disastri cosi frequenti non sono, solo, figli di violente precipitazioni ma anche di cementificazione degli argini (aumenta la velocità del defluire delle acque); deforestazione (facilita l’ erosione); abbandono della “manutenzione ordinaria” dell’ambiente montano capacita’ erosiva dell’acqua su versanti poco inclinati l’ acqua può facilmente raggiungere i 35 chilometri l’ ora; sui versanti ripidi può arrivare anche a 100 chilometri l’ ora e spostare massi di un metro cubo.
Anche la Versilia ha conosciuto ripetute alluvioni, perché i letti dei torrenti non erano stati ripuliti. Nel 1996 l’Alta Versilia fu colpita da una violenta alluvione che causò 14 vittime e l’intera distruzione del paese del Cardoso. Anche nell’esondazione del fiume Serchio e del lago di Massaciuccoli del dicembre del 2009 appaiono responsabilità umane. Anche da noi esistono personaggi senza scrupoli che in nome del proprio profitto passano sulla testa della collettività. Non dimentichiamo i dirigenti di Veolia che hanno taroccato i dati dell’inceneritore di Falascaia a Pietrasanta per permettere a questo impianto di morte di rimanere acceso. In una zona come la Versilia al primo posto, nella regione, per morti per tumore questa infame decisione ci mostra di quali perverse azioni sono capaci i cosiddetti uomini di affari. La politica dei palazzi nella migliore delle ipotesi si accorge in ritardo di queste cose in molti altri casi continua a mistificare la realtà. Le frasi di Silvio Berlusconi “sui ristoranti pieni” in tempi di crisi come questi sono il sintomo di un delirio non tanto personale ma che colpisce di volta in volta chi ha il potere e da esso è accecato. Sono le brioche di Maria Antonietta, sono le rassicurazioni del Professor Veronesi sulla sicurezza degli inceneritori, sono le risate ciniche degli imprenditori dopo il terremoto dell’Aquila che già si gustavano i proventi della ricostruzione, sono l’arroganza di Mauro Moretti delegato delle FS che licenzia un dipendente delle FS solo perché in prima fila per chiedere la verità sulla strage del disastro ferroviario del 29 giugno 2009 a Viareggio. Sono la menzogna quotidiana di chi mette gli affari (i propri) davanti all’interesse comune. Il loro progresso è menzogna. Il loro progresso è fango, solo fango e profitto.
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