La fase post elettorale è stata più convulsa di quanto era dato prevedere. I risultati usciti dalle urne hanno contribuito ad aumentare le fibrillazioni tra i vari attori politici. Abbiamo già espresso in precedenza un giudizio bivalente su quanto sia uscito dalle urne. Soddisfazione per l’assenza di una vera maggioranza politica, che avrebbe dato vita ad un governo in continuità con le politiche di sacrifici e austerità voluti dalla BCE, e indebolimento delle destre. Rammarico per l’assenza di una sinistra di alternativa che sappia difendere gli interessi delle classi subalterne e ricomporre un blocco sociale anticapitalista.
Dal 24 febbraio al 31 marzo la politica istituzionale ha vissuto un impasse dettato da veti incrociati. I partiti usciti, quasi tutti, chi più chi meno sconfitti hanno provato a tessere le loro tele ma non hanno concretizzato niente. Bersani uscito politicamente sconfitto dalle elezioni subisce una seconda pesante sconfitta nella fase post elettorale. Prodi nel 2006 aveva al senato una maggioranza di soli tre senatori e sappiamo come è finita. Il centrosinistra nel 2013 non ha nemmeno quella. Nonostante ciò Bersani s’è impuntato ed è andato a scontrarsi contro un muro. Berlusconi e il PDL hanno provato a rientrare in gioco proponendo un “governissimo” persino i suoi alleati della Lega Nord e di Fratelli d’Italia che s’erano caratterizzati in campagna elettorale per non volere fare nessuna alleanza con il centrosinistra si sono adeguati a questa nuova linea. Il centrosinistra naturalmente non ne vuole sapere, giustamente, convinto che si tratterebbe di un abbraccio letale. La base del PD non digerirebbe bene l’accordo con Berlusconi e poi c’è SEL che nonostante il mezzo flop elettorale ha portato una nutrita pattuglia di parlamentari ma soprattutto fuori dai due poli c’è il Movimento Cinque Stelle (M5S) di Beppe Grillo che non aspetterebbe altro che capitalizzare da questo nuovo inciucio. S’è venuto a creare quello che nel gergo del cinema western si chiama uno “stallo alla messicana”. Il PDL vuole governare con il centrosinistra ma il PD, per lo meno la parte vicina a Bersani, e SEL non ne vogliono sapere e hanno cercato in tutti modi di corteggiare Grillo. Il M5S non ne vuole sapere però di governare con il PD chiamato, in modo dispregiativo, da Grillo il PDL senza la “L”. Berlusconi teme l’influenza che Grillo potrebbe avere sul centrosinistra ma soprattutto teme la magistratura e la possibilità di essere classificato come ineleggibile. Intanto sui media, anche per la scelta tattica degli attivisti cinque stelle di boicottare i talk show e le interviste e per le difficoltà dei politici di centrodestra, centro e centrosinistra di esporre una proposta lineare i politici hanno lasciato ai politologi la ribalta. Una marea di sedicenti esperti non meno altezzosi dei politici e sicuramente più saputelli occupa sistematicamente gli studi televisivi. Si tratta di professionisti della disinformazione che vomitano analisi surreali. Appare evidente, perlomeno a chi è attento, che oltre alla casta dei politici esiste un’altra casta che ha guadagnato e guadagna da una certa politica è la casta dei politologi, dei giornalisti e dei sondaggisti. Tra questi esperti del nulla, laureati in tuttologia, non ce n’è stato uno solo capace di prevedere chi il parlamento avrebbe eletto alle presidenze di camera e senato. Eppure continuano a pontificare e a mostrare la loro confusione mentale ma sono pagati apposta per questo. Sono pagati, proprio, per confondere. Repubblica e l’espresso hanno iniziato una campagna propagandistica mirata a fare credere di come tra l’elettorato del M5S ci fosse malcontento perché non nascesse un governo con il centrosinistra. Niente di nuovo sotto il sole. Un’operazione analoga fu condotta sempre da Repubblica ed Espresso nel lontano 1998 contro Rifondazione Comunista ai tempi della caduta del primo governo Prodi. “Bertinotti vuole consegnare il paese a Berlusconi” era lo slogan di quindici anni fa. Il medesimo slogan di oggi “Grillo vuole riconsegnare il paese a Berlusconi”. Si tratta di operazioni strumentali di bassa politica che mostrano la debolezza del centrosinistra e del centrodestra che mandano avanti al posto dei politici gli “esperti”. Immediatamente sono ripartiti i sondaggi, che vedono il PDL in crescita e il M5S in calo, come se le ultime elezioni non ci avessero dimostrato la totale inaffidabilità di tutti i sondaggi. Politici e politologi sono due facce diverse della stessa politica politicante.
Fuori dal teatrino dell’informazione di regime si sono riaccese le piazze. La manifestazione più grande è stata quella in Val di Susa, del 23 aprile, promossa dal movimento No TAV a cui hanno partecipato almeno ottantamila persone. A questa manifestazione, per la prima volta, hanno partecipato anche alcuni parlamentari, oltre a, quelli del M5S anche quelli di SEL. I No TAV già forti con la loro resistenza adesso hanno anche chi dice di volere rappresentare le loro istanze nel palazzo. Un’altra importante manifestazione s’era svolta a Milano la settimana precedente per il decimo anniversario della morte di DAX ucciso dai fascisti nell’aprile del 2003. Almeno quindicimila antifascisti hanno sfilato per le vie di Milano praticando azioni sociali come le occupazioni di case sfitte.
Neppure Berlusconi è rimasto a guardare prima ha mandato i suoi pasdaran, parlamentari eletti nelle file del PDL, fuori dal palazzo di giustizia di Milano a protestare contro quelle che lui chiama in maniera ossessionata le toghe rosse e poi ha promosso il 23 aprile a Roma una manifestazione a cui hanno partecipato alcune migliaia di persone. Si narra che molti fossero figuranti pagati come quelli che partecipano negli studi televisivi alle trasmissioni della De Filippi. Comunque al di là di questa caduta di stile è evidente che anche il PDL sta provando a muovere il suo blocco sociale. Lontano dalle piazze è rimasto, invece, il PD che punta tutto sull’immagine di partito di governo. In contemporanea alla adunata berlusconiana il gruppo di Micromega, vicino alla “sinistra dei giudici”, ha promosso un presidio in piazza per chiedere l’ineleggibilità di Berlusconi. Anche dalle piazze romane sembrava emergere uno stallo alla messicana.
Indubbiamente, con tutti i suoi limiti, la manifestazione dei No TAV è l’unica che ha parlato fuori dal coro stonato delle istituzioni. Intanto camera e senato hanno eletto i nuovi presidenti. Il PD ha dovuto rinunciare alle sue prime donne in carriera e ha dovuto ripiegare per provare a rifarsi una verginità sulla giovane deputata di SEL, impegnata nel volontariato, Laura Boldrini e sull’ex magistrato antimafia Piero Grasso. Lungi questo dall’avere fatto superare l’impasse politico. A muovere le acque ci ha pensato, invece, il Presidente della Repubblica. Il vecchio “re Giorgio” alla vigilia di Pasqua ha tirato fuori dall’uovo una doppia sorpresa cara alla BCE. Due commissioni fatte da tecnocrati, banchieri, e politicanti amanti dell’inciucio che studieranno come portare avanti progetti di controriforme che potrebbero concretizzarsi in un vero e proprio attacco alla costituzione. Da sottolineare la misoginia di “re Giorgio” che tra i dieci nomi non ha indicato nemmeno una donna. L’altra sorpresa è il fatto che il governo Monti può andare avanti. Mario Monti, l’uomo di Goldman Sachs, il premier uscito sconfitto dalle elezioni, può proseguire nella sua operazione di attacco allo stato sociale.
Re Giorgio tra poco abdicherà ma ci lascia un’eredità pesante. I movimenti sociali, le organizzazioni di classe e i compagni tutti devono preparasi ad una battaglia difficile che non può non partire da una forte critica al capitalismo europeo.
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