Non ci sta a farsi insultare, facendosi dare della matta, per questo la compagna, Nicoletta Battistoni, presenterà una querela per diffamazione nei confronti di Aldo Grandi, direttore di alcune testate online. Sul sito della gazzetta di Viareggio del 19 maggio alle ore 22.15 in un editoriale, senza capo e senza coda, il signor Grandi apostrofa Nicoletta come matta. Anzi inizia l’articolo proprio con queste parole: “La matta. sì, quella dimostrante immortalata nella foto accanto al vice questore nonché capo della squadra mobile Virgilio Russo mentre urla e sbraita contro il Borghezio e la Lega Nord.” Pensiamo che la compagna Nicoletta faccia bene a tutelare la propria immagine. Prendere la foto di una persona mentre esprime un pensiero, un’emozione o uno stato d’animo ed etichettarla con parole che mirano solo a denigrare è una cosa ridicola. Conosciamo Nicoletta e se urlava lo faceva con passione e non perché ammattita. C’è chi ancora la politica la vive per degli ideali e non per fare carriera, può apparire strano ma questo è quanto.
Siamo abituati a leggerne di tutti i colori e sorprenderci diventa, quindi, molto difficile. Tuttavia, non possiamo rimanere silenti perché diverremmo complici di quello che è un insulto alla verità.
Ci scusiamo per le ovvietà che forse potremmo scrivere e che potrebbero tediare chi legge, ma la continua distorsione scientifica e criminogena dell’informazione può portare ad una percezione errata della realtà.
Nell’editoriale intitolato: “Violenti quindi impuniti, non puniti perché violenti” c’è qualcosa di più che però di una semplice distorsione. C’è il tentativo attraverso l’etichettatura, la banalizzazione e la criminalizzazione di piegare i fatti alle opinioni per colpire un movimento sociale. C’è soprattutto, però, la voglia di fare propaganda ad un’idea che in questo paese non è mai morta, quella dell’ordine che deve imporsi costi quel che costi. La stessa polizia viene denigrata e si arriva persino a dire che se ci fossero più poliziotti come Virginio Russo probabilmente anche un colpo di stato non sarebbe cosa da disdegnare. Pensiamo che questo non sia precisamente un complimento verso il capo della mobile ma la cosa che ci preoccupa è quel richiamo al colpo di stato. La critica al giolittismo che segue è simile alla critica eversiva di chi distrusse lo stato liberale in Italia negli anni ’20. Abbiamo già scritto provocatoriamente , altre volte, che forse il peggiore poliziotto scriverebbe in un articolo più verità del migliore giornalista.
Quello che è certo emergere dall’articolo è la volontà politica, per altro fin troppo schematica, di fare apparire la contestazione al razzista Borghezio come un’azione di un gruppo di estremisti e facinorosi. La realtà però è ben diversa e non solo perché pochi giorni dopo i fatti Borghezio è stato sospeso dal parlamento europeo, ma perché ai contestatori è arrivata la solidarietà di tantissime persone. Sono molti i viareggini che hanno fermato per strada i contestatori nei giorni seguenti dicendoli: “grazie a voi siamo più orgogliosi di essere viareggini.” E martedì 21 maggio quando al palasport di Viareggio è stato esposto dal Gruppo Autonomo lo striscione “Borghezio non parla più!” in centinaia hanno applaudito e alzato cori contro l’esponente leghista. Quello che sfugge ad Aldo Grandi è che la contestazione a Borghezio non va letta semplicemente come una contestazione antifascista. Certamente l’elemento del razzismo antirazzismo è presente e può condurre all’antifascismo, ma c’è dell’altro. C’è il rifiuto di un’invasione di campo da parte di un estraneo sia geograficamente che politicamente ma soprattutto eticamente. Il fatto che a contestare Borghezio alcuni giovani viareggini si siano presentati con parrucche, fischietti e fumogeni è la dimostrazione di un attaccamento alla tradizione carnevalesca. Non casualmente proprio nel mondo della tifoseria questo gesto ha riscosso consensi. L’immaginario è quello dei Viareggini che cacciano il “padano / romano.” Nel contestare Borghezio c’è quindi qualcosa di più che l’antirazzismo c’è la difesa di un’identità territoriale. A voler essere provocatori, ma non troppo, ci verrebbe da dire i contestatori sono stati più leghisti della lega, della lega che non è più un partito di lotta ma di scandali e intrallazzi. Le bandiere che sventolavano i contestatori in pineta erano quella del movimento No TAV, espressione di una lotta territoriale come quella della popolazione valsusina. Erano la bandiera palestinese e quella basca a voler affermare che ci sono davvero dei popoli appunto come i palestinesi, baschi, i curdi, ma se vogliamo anche i corsi e i sardi che sono stritolati da un centralismo di stati oppressivi. Infine c’era una bandiera con la foglia di marijuana a voler ricordare che il miglior modo per combattere lo spaccio, e i traffici illeciti che ci sono dietro, è la fine del proibizionismo e la legalizzazione delle sostanze stupefacenti. Non c’erano bandiere di partiti della sinistra ne vessilli che richiamassero al marxismo leninismo. Sappiamo che questo può fare dispiacere ai nostalgici ma, al di là di quello che scrivono certi giornalisti, siamo abbondantemente fuori dal ventesimo secolo. I movimenti anticapitalisti non cadranno nella vecchia trappola dello scontro con i “fascisti” perché sanno che sarebbe un regalo troppo bello per chi comanda. La stagione degli anni ’70 non è stata vissuta da questa generazione di giovani che a Viareggio ha contestato Borghezio e che negli stessi giorni a Massa contestava la Gelmini, a Brescia Berlusconi e che scendeva nelle piazze di Milano, Torino, Bologna. Questi giovani non si fanno problemi a contestare anche chi si dice comunista e proprio qui in Versilia ne sa qualcosa la consigliera provinciale dei comunisti italiani Isaliana Lazzerini. L’anticapitalismo che sta nascendo oggi è distante dal marxismo leninismo ecco che quando leggiamo paragoni con gli anni ’70 o le brigate rosse ci viene istintivo sgranare gli occhi e chiedersi se credere o meno a ciò che leggiamo. Molti di quei giovani se avessero avuto la possibilità di vivere nei paesi a socialismo reale si sarebbero fatti il carcere o sarebbero stati eliminati perché sarebbero stati dei rompicoglioni. Molti capitalisti occidentali, che recitano a memoria le litanie anticomuniste, invece, con quei regimi ci mantenevano rapporti economici e commerciali. Lo schema fascismo antifascismo è uno schema desueto. I fascisti non esistono c’è solo qualche disperato che prova ad imitarne le gesta senza riuscirci. La partita nella società oggi è assai più grande a partire dalla difesa delle conquiste della Rivoluzione Francese messe in discussione da reazionari di vari grado. Non siamo noi che attacchiamo i liberali. Avercene di liberali come Pietro Gobetti. Chi attacca lo stato liberale ed etichetta come eversivi i centri sociali è chi accusa il paese di giolittismo, blatera di colpi di stato e anacronistiche pene di morte abrogate nella nostra amata Toscana dal pericoloso sovversivo il Gran Duca Pietro Leopoldo Asburgo Lorena il 30 novembre 1786. E forse anche per questo che la bandiera del Granducato avrebbe sventolato meglio tra le file dei contestatori che tra quelle dei leghisti.
Il 24 maggio però il signor Grandi supera se stesso chiamando in causa centri sociali e sinistra anticapitalista per il terribile omicidio di Londra eseguito da un fanatico, ancor prima che da un integralista islamico. Se non ci fossero dei morti ci sarebbe da ridere ma di fronte ad un simile dramma occorre forse solo riflettere. Quando ci fu la strage di Oslo, che costò la vita a quasi novanta persone, non ci risulta, tuttavia, che Grandi tirasse in ballo estremisti di destra. E non lo fece nemmeno quando un ex tesserato di un gruppuscolo della destra italiana, di cui non nominiamo volutamente il nome, sparò uccidendo due cittadini del Senegal a Firenze.
Ognuno è libero di pensarla come vuole e del resto in questo paese c’è chi propone leggi per ridurre le pene dei mafiosi e aumentarle per chi occupa le case o contesta un comizio. Forti con i deboli e deboli con i forti chiamatela poi giustizia che ci faremo due risate.
C’è poi un altro modo di comunicazione, di certi organi di stampa, meno aggressivo ma non più veritiero è quello del sensazionalismo.
Guerriglia titolava il bollettino del giornale La Nazione. Un signore anziano esterrefatto fuori da un edicola diceva: “Ma davvero c’è stata guerriglia in pineta a Viareggio?” “Si hanno acceso due fumogeni e urlato contro Borghezio” rispondeva una giovane donna che aveva il giornale sotto il braccio. Il signore anziano scuoteva la testa e chiedeva: “Qualcuno ha sparato?” Rispondeva la signora con aria stranita: “non esageriamo.” La domanda dell’anziano signore non ci fa affatto stranire perché basta prendere un qualsiasi vocabolario di italiano alla parola guerriglia e leggerne il significato per capire che quella domanda è lecita. L’enciclopedia Treccani alla parola guerriglia riporta questo significato: “Tattica di guerra, condotta, con specifica conoscenza delle condizioni ambientali, da parte di formazioni di limitata entità, per lo più irregolari, contro le truppe regolari dello stesso Stato o di uno Stato estero; si sviluppa con imboscate, attentati, sabotaggi, attacchi di sorpresa e conseguenti brevi scontri, generalmente effettuati in zone montane, boscose o impervie, particolarmente favorevoli allo spostamento rapido di piccole formazioni.” E’ accaduto questo nella pineta di Ponente di Viareggio Domenica 12 maggio? Noi ma sembrerebbe anche alla questura abbiamo visto, solo, accendere dei fumogeni e gente che urlava. Non ci sono feriti, non ci sono contusi, non ci sono prigionieri, non ci sono nemmeno danni ad oggetti e come affermato dal questore non c’è stato nemmeno un corpo a corpo. Dove sia stata la Guerriglia non c’è lecito sapere. La pineta è zona di spaccio forse qualche giornalista ha assunto sostanze allucinogene? O forse più semplicemente un titolo da fiction fa vendere di più che un titolo veritiero?
Immaginamo la delusione di chi ha comprato il giornale aspettandosi di leggere chissà quale gesta e invece si ritrova un articolo tutto sommato asciutto e più corrispondente al vero. Il bollettino si comporta come tutte le pubblicità ingannevoli. Non giustifichiamo il giornale La Nazione per un titolo patacca ma lo capiamo. Stanno sul mercato e per starci bene devono vendere più copie. Se prossimamente ci trovassimo a leggere sul bollettino di avvistamenti di squali nel mare forse scopriremmo leggendo tra le righe che in realtà si tratta solo di tonni. Ve la ricordate tra il finire degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90 la pantera che tutti i giornali dicevano essere avvistata e che nessuno in realtà poi mai vide. Ci fu qualche studente che con ironia usò poi quel nome per chiamare il movimento studentesco di quegli anni. Perché la pantera era sfuggente come lo è la verità sulle cronache.
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