Il reazionario Renzi tra l’italicum e i regali alle banche

Un vento reazionario spazza l’Europa dalla Spagna all’Ucraina. Mentre a Madrid un governo patriarcale e sessista cancella la legge sull’aborto riportando la Spagna indietro di un secolo, a Kiev una piazza strumentalizzata e funzionale agli interessi occidentali arriva a flirtare con i neonazisti.

In Italia a far soffiare questo vento reazionario non è qualche strano zefiro di destra ma il “bimbominchia” del sindaco di Firenze. Matteo Renzi, dopo aver dato vita ad una guerra civile interna al suo partito, ha riesumato il cadavere politico di Silvio Berlusconi e ha deciso di riscriverci assieme la legge elettorale. Alla faccia del rottamatore! L’Italicum, il nome è già tutto un programma, è una legge elettorale che ha forti connotati di incostituzionalità. Le differenze dal cosiddetto porcellum sono minime, forse servirebbe un microscopio, per scorgerne. La sentenza della corte costituzionale viene, di fatto, ignorata e aggirata. La nuova legge, attraverso un discusso premio di maggioranza, regalerebbe il 55% dei deputati a quella coalizione che dovesse raggiungere appena il 37% dei consensi. Cosa non si fa in nome della governabilità? La tanto sbandierata democrazia viene piegata all’interesse del potere economico che vuole mettere bavaglio e silenziatore al parlamento pur di avere un esecutivo forte e servile in questa epoca di forte instabilità economica. La legge ci regala, per dire, altre perle come sulle liste che restano bloccate e lasciano, quindi, un enorme potere nelle mani dei segretari di partito. C’è poi la odiosa questione dello sbarramento: 4,5% se ti presenti in coalizione 8% se corri da solo. Appare evidente che si tratta di norme contro la sinistra radicale. Del resto non capiremmo per quale motivo Renzi dovrebbe far rientrare in parlamento, dalla finestra, quella sinistra che Walter Veltroni ha cacciato, dalla porta. Il PD, da buon erede della tradizione stalinista, non tollera concorrenti a sinistra. Sbarramento troppo alto e premio di maggioranza che scatta con un risultato cosi basso rischiano di far nuovamente annullare la legge elettorale dalla corte costituzionale ma crediamo che questo poco interessi alla casta politica che da sempre disattende referendum popolari o sentenze costituzionali e nello stesso tempo ubbidisce ciecamente alle lobby economiche che stanno organizzando il nuovo imperialismo europeo. In tempi di crisi economica e di processi di ristrutturazione, che mirano a far ricadere i costi della crisi sui lavoratori e le classi meno abbienti, qualsiasi tipo di rappresentanza che metta in discussione l’esistente deve essere espulsa dal sistema politico liberal – democratico. Il mercato mostra, dietro le numerose maschere che calza di volta in volta, il vero volto antidemocratico. A voler guardare in profondità la fotografia vediamo che c’è ben altro che una legge elettorale antidemocratica e anticostituzionale. C’è l’attacco frontale ai salari dei lavoratori. La vicenda dell’electrolux, possibile grazie anche al ricatto di una disoccupazione che sfiora cifre impensabili fino a qualche anno addietro, ci parla di un padronato che riscopre l’arroganza ottocentesca e mostra come anni e anni di conquiste frutto di lotte possano essere spazzate via grazie alla complicità con le multinazionali di una politica e di un sindacato asserviti. Per il potere, ogni conflitto di classe non deve trovare rappresentanza nei palazzi né deve incontrare il risalto mediatico ma deve essere relegato in un angolo. Assistiamo ogni giorno allo smantellamento di diritti e servizi come l’istruzione o il sistema sanitario. Assistiamo a licenziamenti, sfratti, sgomberi, arresti che colpiscono i proletari e i soggetti più deboli. Dall’altra parte assistiamo anche a numerose regalie verso i padroni come continue sanatorie per chi evade, permessi di cementificazione selvaggia del territorio, costruzione di nuovi impianti di incenerimento e discariche per non parlare dell’acquisto degli F35. In Italia, come del resto in tutti i paesi capitalistici, la crisi ha determinato che i ricchi diventassero sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Siamo arrivati ad avere il 10% della popolazione che detiene il 50% della ricchezza. Tra il 2010 e il 2012, inoltre, il reddito medio è diminuito del 7,3%

Il nostro paese si allinea, in questo modo, agli standard degli altri paesi del pianeta con un’estrema disuguaglianza tra ricchi e poveri che implica anche un inesorabile indebolimento dei processi democratici per mano dei capitalisti, che piegano la politica ai loro interessi a spese della stragrande maggioranza. Secondo Oxfam, non il partito bolscevico, le elite economiche mondiali agiscono sulle classi dirigenti politiche per truccare le regole del gioco economico, erodendo il funzionamento delle “istituzioni democratiche” e generando un mondo in cui 85 super ricchi possiedono l’equivalente di quanto detenuto da metà della popolazione della terra. Appare sempre più palese che, in questa fase storica, mercato e democrazia sono incompatibili. Quando gli USA o l’UE parlano di democrazia in realtà parlano solo del mercato e dei profitti che da esso traggono. La politica italiana si colloca in questo solco di subalternità a fondazioni, banche e multinazionali. Il ruolo di chi governa gli stati è sempre più simile a quello di chi amministra un’azienda. La politica ha abdicato dal suo ruolo per limitarsi ad essere pura governance.

Il governo Letta, intanto, ci sta abituando a decreti-contenitori dentro i quali si trovano materie molto diverse tra loro. Il decreto Imu-Bankitalia, come si può prevedibilmente intuire dal suo stesso nome, racchiude materie prive di qualsiasi collegamento. Si utilizza lo spauracchio di far tornare l’intera tassa sulla prima casa per far approvare un provvedimento di ricapitalizzazione della Banca d’Italia. Definire questa modalità un imbroglio ci sembra semplicemente chiamare le cose con il proprio nome. Con l’approvazione del decreto viene autorizzato l’aumento di capitale della Banca d’Italia per un valore di 7.5 miliardi di euro. Questa operazione è resa possibile attraverso l’utilizzo delle riserve valutarie di Banca d’Italia, cioè di denaro conservato dalla nostra ex banca centrale. Chi trae vantaggio da tutto questo? Intesa e Unicredit, posseggono oltre il 50% delle quote. Con tale ricapitalizzazione esse vedono rinforzare la loro patrimonializzazione immediata, ai fini di fronteggiare i requisiti richiesti dalla BCE. Si tratta insomma dell’ennesimo regalo ai banchieri.

Il gruppo dirigente del PD, da Renzi a Letta, si è predisposto ad alimentare questo vento reazionario che soffia ad ogni latitudine del vecchio continente. Dobbiamo preararci a costruire una dura opposizione che sappia sostenere i momenti di conflittualità sociale ma che sappia anche progettare una reale alternativa all’esistente. La lotta può portare risultati proficui come ci dimostra proprio la “marea bianca” che in Spagna ha ottenuto il ritiro del piano di privatizzazione di sei ospedali pubblici. Ci attendono tempi di lotta ma questa lotta, per quanto importante rischia di essere insufficiente, se non evolverà in un quadro di progettualità anticapitalista.

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