Sappiamo bene che il mondo è pieno di persone che lanciano il sasso e poi nascondono la mano non assumendosi, di fatto, le proprie responsabilità. Il mondo dell’informazione purtroppo non fa eccezione.
E’ iniziato, il 15 gennaio, dopo una prima udienza di smistamento del luglio dello scorso anno, presso il tribunale di Lucca, il processo ad Aldo Grandi, direttore di varie testate giornalistiche online, accusato di avere attribuito l’epiteto di matta attraverso un editoriale nel quale c’era un richiamo ad una foto raffigurante la manifestante che contestava Borghezio, il 19 maggio 2013, nella pineta di ponente di Viareggio. Nicoletta Battistoni, parte offesa, veniva sentita assieme a due testimoni e all’imputato. Il processo è stato aggiornato a giugno.
La parte offesa, Nicoletta Battistoni, pretende che sia resa giustizia alla sua immagine. Aldo Grandi, sostenuto dall’avvocata Cristiana Francesconi, s’è difeso con puntiglio ma ha detto alcune cose non vere come quella che il coordinamento anticapitalista lo avrebbe denunciato all’ordine dei giornalisti per i fatti di Borghezio e che il procedimento sarebbe stato archiviato. Il coordinamento anticapitalista non ha mai presentato nessun esposto all’ordine dei giornalisti. Aldo Grandi si riferisce quindi ad un’altra vicenda sempre di quei giorni ma su altri fatti e con altri protagonisti. Si tratta, infatti, di un esposto presentato dal circolo Caracol su di un articolo risalente al 17 maggio riguardante l’occupazione del collegio colombo. In quell’articolo Aldo Grandi giocava sul nome della Brigata Sociale Antisfratto rimarcando che anche le Brigate Rosse avevano un nome simile. Quindi Aldo Grandi non ha detto il vero. L’ordine non s’è pronunciato su articoli inerenti la contestazione a Borghezio. Aldo Grandi da abile oratore qual’è ha, inoltre, cercato di sviare buttandola in politica prendendosi una contestazione dal pm che ha tuonato: “non può fare comizi.” Ha cercato, poi, di minimizzare il fatto dicendo: “la foto c’è stata solo un giorno o due” come se non bastasse un solo minuto per offendere una persona. In aula si prendeva anche la licenza di sostenere che aveva un suo giornalista, Stefano Piccolomini, che quel giorno ha preferito contestare piuttosto che fare l’articolo. A creare polemiche più grandi è quanto avvenuto, però, fuori dall’aula del tribunale. In quanto il direttore pubblicava su tutte e quattro le testate che gestisce un articolo ritenuto, da alcuni, un conflitto di interessi e contro le regole deontologiche del giornalismo. Il fare i nomi dei testimoni sul suo giornale potrebbe, infatti, rappresentare un’intimidazione nei confronti di coloro che si trovassero, eventualmente, a testimoniare contro il soggetto in questione. Da direttore di un organo di informazione utilizza, quindi, il potere che ne deriva da codesta posizione per lanciare un avvertimento chiaro: chi testimonia finisce pubblicato.
Ma la ciliegina sulla torta è il fatto che l’avvocata di Aldo Grandi, intervistata sempre su di un suo giornale, affermi che i testimoni della persona offesa abbiano volantinato fuori dall’aula del tribunale. Il volantino, niente di scandaloso e offensivo, è stato distribuito da due persone che non erano testimoni. I testimoni citati dall’avvocato Filippo Antonini, il legale di Nicoletta Battistoni, erano la giornalista Letizia Tassinari, di TG Regione ed ex Gazzetta di Viareggio dalla quale è venuta via assieme ad altri colleghi in dissenso con il modo di gestire la testata e Mario Giannelli. Nessuno dei due ha distribuito alcun volantino. Ci sono gli estremi per altre querele? A prescindere da come matureranno queste e altre vicende processuali è stata scritta un’altra brutta pagina della storia del giornalismo.