Sono passati ormai cinque anni da quel 16 maggio 2015 quando diverse centinaia di persone, in modo spontaneo ma deciso, contestarono il leader della Lega Matteo Salvini a Viareggio. Il leader leghista quel giorno si subì la contestazione prima a Massa, dove la polizia con cariche violente spaccò delle teste, e poi a Viareggio. Una terza contestazione lo attendeva a Pisa ma lui la evitò non presentandosi.
A Viareggio, i contestatori nel numero superarono di tre o quattro volte i simpatizzanti di mister felpa. Le bandiere di Repubblica Viareggina, Partito Comunista dei Lavoratori, Partito della Rifondazione Comunista o degli anarchici si mescolarono agli striscioni dei centri sociali, di giovani studenti, delle femministe, del movimento di lotta per la casa, di rom, di migranti molti in piazza con l’ARCI e con i Berretti Bianchi. In piazza presenti anche diversi ultras del Gruppo Autonomo Viareggio che per anni hanno esposto al palasport lo striscione “curva desalvinizzata”.
Quella giornata fece molto discutere, perché i liberi fischi in una libera piazza divennero l’occasione per mettere su un processo politico. 27 persone furono condannate con decreto penale di condanna a delle multe, chiaro l’obbiettivo di intimorire chi fa una politica fuori dal coro. Naturalmente quei decreti penali furono impugnati e conseguentemente si aprì un processo per manifestazione non autorizzata e adunata sediziosa, reati di memoria fascista ma il processo si concluse nonostante le pressioni leghiste in una assoluzione piena per tutti. Tuttavia, la caccia alle streghe non finì. La magistratura decise a dispetto anche del principio “ne bis in idem” di riaprire le indagini per tutte le persone nonostante queste fossero già state giudicate. Tra i nomi degli indagati continuava a figurare anche quello della compagna Cinzia che era già morta all’inizio del processo. Insomma ci si trovava di fronte ad un’operazione grottesca. Alla fine il pm fu costretto a stralciare le posizioni di quasi tutti gli indagati e decise di concentrare l’accanimento giudiziario solo su due compagni, con accuse del tutto infondate come quella di un lancio di un sasso. Ai due compagni naturalmente giungeva forte ed immediata la solidarietà di tutto il movimento viareggino e a giugno quando inizierà il nuovo processo ci saranno nuove mobilitazioni.
Se le denunce e il processo avevano l’obbiettivo di scoraggiare chi lotta contro il razzismo e la demagogia populista hanno miseramente fallito il suo obbiettivo. Nessuno infatti si è fatto intimorire come provano le successive contestazioni a Salvini a Lido di Camaiore nel maggio 2016, alla Versiliana nell’agosto del 2018 e nell’agosto del 2019 e alla cittadella del carnevale di Viareggio nel febbraio 2020. Il razzista Salvini e i suoi lacchè, a Viareggio e in Versilia saranno sempre accolti dai fischi.
A maggior ragione adesso dopo lo scandalo della sanità lombarda, con migliaia di morti per colpa del presidente di regione Fontana, le balle inventate dalla onorevole Ceccardi su attentati inesistenti e gli insulti ad una ragazza colpevole di essere sopravvissuta ai suoi rapitori da parte di un ceto politico gretto e meschino. Di quel giorno di cinque anni fa rimane vivo nel cuore di tutti il ricordo di una grande giornata di lotta.