Cent’anni fa nasceva a Livorno il Partito Comunista d’Italia sezione della terza internazionale. Era naturale, che nel centesimo anniversario, gli eredi di quell’esperienza la ricordassero e la omaggiassero. Pur non condividendo nostalgie di epoche lontane capiamo anche chi rimpiange un’epoca dove i rapporti di forza tra le classi sociali erano più favorevoli al proletariato. In realtà la borghesia imperialista, tranne in alcune zone del pianeta appunto come l’URSS dove i bolscevichi guidati da Lenin e Trotsky avevano fatto la rivoluzione, è sempre rimasta classe dominante e ha perpetrato il suo sfruttamento sulle altre classi sociali e sul pianeta intero. Il Partito Comunista d’Italia nasceva proprio a seguito di quell’avvenimento. La rivoluzione Bolscevica è l’avvenimento storico più importante del ventesimo secolo. La scissione di Livorno, dal partito socialista, letta col senno di poi potrebbe apparire anche poco comprensibile ma va letta dentro quel preciso contesto storico. La rivoluzione, e non il riformismo, era la strada maestra per costruire il socialismo. Per questo nasceva il PcdI. In realtà, per molti anni ancora all’interno del Partito Socialista vivranno dei rivoluzionari. Il Partito Socialista continuerà a vivere frizioni tra la componente rivoluzionaria chiamata massimalista e quella riformista chiamata minimalista con altre scissioni. Il Partito Comunista d’Italia, invece, composto essenzialmente da due componenti i bordighisti e l’Ordine Nuovo di Gramsci omogenizzerà il partito. Il partito sarà uno strumento importante per le lotte sociali e per la costruzione di una teoria rivoluzionaria. Il PcdI tra tutte le sezioni dell’internazionale era una delle più autonome e più frizzanti. Purtroppo due avvenimenti condizioneranno immediatamente la vita di questo partito. La morte di Lenin e il conseguente avvento dello stalinismo con la burocratizzazione del partito e la liquidazione dei valori internazionalisti in URSS e l’avvento del fascismo in Italia e la messa fuori legge di tutti i partiti e quindi anche del PcdI. Questi due fatti incisero profondamente sul futuro di quel partito che già nel 1926 al congresso di Lione, pur mantenendo una posizione rivoluzionaria, iniziò a scricchiolare. Il settarismo autoemarginante di Amedeo Bordiga e la morte di Antonio Gramsci in un carcere fascista fecero scivolare ancora di più il partito sotto l’influenza dell’orbita stalinista. Palmiro Togliatti in questo fu un perfetto esecutore degli ordini di Stalin. Se i comunisti con generosità si spesero durante la Resistenza alla fine di essa si ritrovarono un partito pienamente riformista. Il PCI rinato nel 1943 aveva più differenze dal PcdI di quanto quest’ultimo ne aveva dal Partito Socialista Italiano da cui si era scisso. Il riformismo togliattiano prima e le ulteriori degenerazioni successive, che porteranno il PCI a tratti ad essere una forza conservatrice, la quale non capirà i movimenti sociali del ‘68 e del ‘77, apriranno la strada alla liquidazione del partito nel biennio 1989 – 1991 da parte di Achille Occhetto. Non ci interessa qui riprendere la vecchia e stucchevole diatriba tra “riforme” e “rivoluzione” ma ci interessa, con molto rispetto, ricordare ai militanti comunisti che esiste un filo rosso, o meglio rosa, che va da Togliatti ad Occhetto. Certo, per difendere gli sfruttati, meglio uno strumento difettoso che l’assenza totale di qualsiasi strumento. Tuttavia, il partito quello del ‘21 non era nato solo per difendere gli sfruttati; questo lo poteva fare anche un partito riformista o un sindacato o un associazione mutualistica; ma era nato per attaccare gli sfruttatori e fare la rivoluzione. I seguaci di Togliatti hanno cercato di rimuovere Amedeo Bordiga dal pantheon del comunismo italiano come gli stalinisti hanno cercato di rimuovere Trotsky da quello del bolscevismo. In entrambi i casi, nonostante la differenza tra i due personaggi, si è trattato di operazioni revisionistische finalaizzate a falsare la storia e ad indebolire il marxismo.
Se tra i tanti militanti dei vari partitini comunisti, può esservi ancora confusione su questi punti ed è quindi comprensibile il loro omaggio, quello che non può essere, invece, minimamente accettato è la presenza di esponenti del PD alle commemorazioni. Chi ha liquidato quella storia non può, oggi, in modo strumentale rivendicarne l’eredità. Chi in modo vigliacco e fraudolento è arrivato ad equiparare nazifascismo e comunismo, come hanno fatto gli esponenti del PD al parlamento europeo, doveva stare lontano dalle commemorazioni di questi giorni.